L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU, compreso l’Italia, che pone con l’obiettivo n. 6, di conseguire, entro il 2020 l’accesso universale ed equo all’acqua potabile sicura e alla portata di tutti”
Consentire un accesso equo dipende anche da un costo sostenibile per tutti ma ARERA[1], con la regolazione tariffaria, lo subordina all’equilibrio economico e finanziario dei gestori. Non compete all’Autorità garantire i risultati economici dei gestori ma alla stessa impresa con una organizzazione efficiente. L’impresa può essere pubblica, mista o privata e può essere una società o un ente pubblico, non cambia nulla, il principio è il medesimo.
L’impresa è l’organizzazione di una attività economica per la produzione di beni e servizi, quindi è lo strumento che realizza l’efficienza con la qualità dell’organizzazione e l’equilibrio economico finanziario ne è il risultato, garantirlo in un regime di monopolio naturale è un regalo che mal concilia con la funzione pubblica.
Nei servizi pubblici, funzionali al progresso sociale ma anche allo sviluppo economico, le tariffe devono garantire i costi di gestione e di investimento, sia quelli necessari per l’erogazione agli utenti che quelli per l’ottimale gestione e risparmio della risorsa ma, nonostante la narrazione, non sono questi ultimi il problema, i realtà sono i costi impropri, estranei al servizio, l’anomalia da rimuovere.
Un’utopia? No, è possibile, è solo necessaria capacità e competenza manageriale, quasi inesistenti, e una normale conoscenza delle tecniche di gestione aziendale.
La politica, però, non può permetterselo, sarebbe una modalità non consona alla autoreferenzialità e contraria alle lottizzazioni e clientele. Parlare o scrivere, spesso anche in modo incomprensibile, solo per muovere le labbra o riempire un foglio è la normalità sempre più diffusa e la maggioranza delle persone, quelle che, magari sbagliando, non votano più, si sono stancate. La rivolta sociale è già iniziata.
Ci prova anche la Corte dei Conti a redigere un rapporto con una argomentazione che esula dal controllo, quindi dalla sua competenza.
In un Paese che vorrebbe essere liberale, non liberista, e democratico tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero, dovrebbe, però, essere evitato l’uso strumentale di Istituzioni o di Organismi pubblici, purtroppo una modalità diffusa che ha solo l’obiettivo di confondere e ingannare quelli che dovrebbero essere l’oggetto della funzione pubblica e non lo strumento.
Il rapporto della Corte dei Conti afferma che
In tema di fabbisogno finanziario, gli studi di settore evidenziano che esso è stimato in 6 miliardi annui e che 4 miliardi dei volumi finanziati derivano dalla tariffa. L’individuazione di una tariffa adeguata rappresenta un fattore determinante per assicurare gli investimenti, non solo per la copertura dei costi operativi, ma anche al fine della manutenzione delle infrastrutture e della realizzazione di nuove opere che rispondano a standard di efficienza e sostenibilità più elevati.
Un’affermazione, inconsistente e non documentata, che ipotizza aumenti tariffari solo perchè è un luogo comune ed il modo più semplice per affrontare i problemi ma non per risolverli.
La Corte dei Conti non sa, spero, che il tanto decantato PNRR istituito per contribuire al finanziamento degli investimenti e alla riduzione delle tariffe, grazie al metodo tariffario di ARERA, diventa un profitto per i gestori mentre gli investimenti continuano ad essere integralmente pagati dagli utenti e solo dagli utenti.
Forse non si può controllare un Autorità indipendente che, comunque, dovrebbe rispettare le leggi, meglio aumentare le tariffe che, dopo un’iniziale lamentela, vengono subite. e sono una causa della rassegnazione che porta al non voto.
A sostegno di una tariffa adeguata, cioè ad un suo aumento, sottolinea il fatto che le tariffe italiane (2,1 euro/mc nel 2022), rispetto a quelle applicate in Europa, si collocano in diciannovesima posizione, lontane dalla prima, la Danimarca, con 9,9 euro/mc, seguita dalla Germania, con 6,3 euro/mc. Una considerazione sconcertante in quanto incomparabili le situazioni dei vari Paesi europei e perchè non sempre i prime sono i migliori. Essendo l’acqua, per la sua irrinunciabilità ed essenzialità, tra le principali finalità della funzione pubblica, si può anche ritenere vero il contrario.
Un criterio di analisi, peraltro, del tutto inopportuno, basato sulle solite media generali incoerenti perchè ignorano i valori inferiori e superiori che, al contrario, potrebbero essere utili per comprendere le ragioni delle differenze. In Italia, le tariffe variano tra 5 e 1 euro/mc ma, ad esempio, a Milano, con le più basse tariffe, gli investimenti sono tra i più alti e anche la qualità del servizio è tra le migliori, ma è un fatto naturale dovuto alla concentrazione delle abitazioni e alla collocazione geografia, e, nonostante la tariffa più bassa, il gestore realizza utili consistenti.
Perché la Corte dei Conti non ha provato ad analizzare in proprio i bilanci dei gestori invece di affidarsi ai dati di Utilitalia che è di parte in quanto la loro associazione? Ance questo non rientrerebbe nella sua competenza ma con anche l’approfondimento del metodo tariffario sarebbe stato più utile e avrebbe consentito di comprendere meglio la reale situazione e le cause e anche le ragione un costante aumento dell’impedimento all’accesso all’acqua. Erogare 50 litri al giorno di acqua ad un utenze in difficoltà economica e morose quando il consumo medio italiano, lo indica anche il contributo della Corte, è di 200 litri per persona, è una vergogna in un Paese che vorrebbe essere civile ed è contrario proprio al 1° punto dell’obiettivo acqua dell’Agenda ONU 2030.
A conferma della inconsistenza del rapporto della Corte dei Conti e del sistema di gestione dei servizio pubblico riporto l’estratto di un verbale di assemblea soci di una società che gestisce il servizio idrico con la dichiarazione dell’Amministratore Delegato della controllante che vorrebbe estendere la gestione del servizio idrico in altri ambiti oltre a quello attualmente attivo:
“…. l’aggiudicazione di nuove concessioni di gestione del servizio contribuirebbe a diversificare il rischio attualmente concentrato in un unico contratto; che la disciplina fissata dell’ARERA per la gestione del servizio idrico integrato garantisce un quadro sistematico di regolamentazione stabile e prevedibile che rende appetibili e gestibili dalle competenze disponibili alla società siffatte gestioni; …..”
Se l’Amministratore Delegato di una holding propone la estensione ad altri ambiti la gestione del servizio perchè appetibile, l’unica certezza sta nella necessità di cambiare radicalmente le modalità di gestione ponendo come obiettivi reali e concreti quelli dell’Agenda ONU 2030 che, allo stato attuale, sono solo un enunciazione di principi