C’era una volta il servizio postale, sembra l’inizio di una favola ma, non facciamoci ingannare, è solo l’inizio di una tragicommedia, purtroppo. Nel 1998 le Poste furono trasformate in società per azioni e quotate in borsa. Il servizio postale diventò un’attività di facciata e gli sportelli postali, presenti in tutti i Comuni, si trasformarono in agenzie bancarie e assicurative. Poste Italiane, ormai, è una holding finanziaria, quotata in borsa, controllata dallo Stato con una maggioranza del 29,26% del Ministero dell’Economia e delle Finanze e il 35% da Cassa Depositi e Prestiti, il resto è il flottante quotato in Borsa.
La sua vera attività è raccogliere denaro, quello dei risparmiatori.
Il controllo pubblico rassicura i risparmiatori e molti sono quelli, in particolare i piccoli risparmiatori, che si affidano a Poste Italiane ritenendola una società più sicura e trasparente.
Purtroppo non si rendono conto che la “finanziarizzazione” l’ha svuotata delle caratteristiche del pubblico vicino ai cittadini e, il profitto, con la distribuzione agli azionisti, sono diventati lo scopo reale. La lettura della relazione sulla gestione, parte del bilancio, conferma questo cambiamento.
Il grafico e l’aumento dell’utile, nei primi sei mesi, superiore del 55%, 1,5 volte quello dell’intero 2021, sono un’ulteriore conferma. In un periodo di difficoltà per le famiglie e le imprese i profitti destinati agli speculatori finanziari aumentano.
L’assemblea di approvazione del bilancio 2021 ha deliberato un dividendo di 0,59 euro per azione per un ammontare di 592 milioni di euro pari al 74,26% dell’utile netto realizzato. Gli azionisti sono contenti ed anche il bilancio dello Stato, che direttamente ed indirettamente avrà un’entrata di circa 360 milioni di euro.
E i problemi dei cittadini? Sono meno importanti, qualcuno ci penserà. Anzi, poiché l’obiettivo è soddisfare gli azionisti, anche per recuperare il 23,9% di deprezzamento del titolo nel primo semestre 2022, si ricorre ad operazioni poco trasparenti, come le ingannevoli informazioni relative al collocamento dei Buoni Fruttiferi Postali, omettendo e/o formulando in modo ingannevole informazioni essenziali relative ai termini di scadenza e di prescrizione dei titoli che l’Antitrust ha sanzionato con 1,4 milioni di euro.
È grave per una società a maggioranza pubblica ingannare i risparmiatori per la maggior parte piccoli risparmiatori impreparati ed indifesi.
Le informazioni ingannevoli non si fermano a quelle sanzionate.
L’immagine, estratta dal sito di Poste Italiane, ne evidenzia un’ulteriore riferita ad un tipo di risparmio, quella del “Buono Ordinario”.
Se un risparmiatore deposita una somma di 10 mila euro e non la preleva per 20 anni, al tasso di interesse del 2,5%, il capitale finale, al netto della ritenuta fiscale del 12,5%, sarà quello indicato, € 15.579,37. Fin qui tutto bene.
L’informazione ingannevole, però, è nella spiegazione delle caratteristiche principali del tipo di risparmio dove si spiega che viene applicato tasso fisso crescente nel tempo, spiegazione non molto chiara, e che il risparmiatore può prelevare la somma depositata, dopo il 1° anno, con il riconoscimento degli interessi maturati alla fine di ciascun trimestre.
In questo ultimo punto è ingannevole. Se il risparmiatore preleva prima del termine dei 20 anni, il tasso di interesse non sarà il 2,5% ma sarà nel secondo anno uguale all’1,20% con un aumento graduale negli anni successivi per arrivare al tasso indicato solo alla fine del termine fissato.
Se il deposito viene rimborsato al decimo anno, ad esempio, il tasso sarà dell’1,68% lordo e dell’1,48% al netto della ritenuta fiscale, ossia circa 1.000 euro in meno rispetto all’ipotizzato tasso del 2,5%.
Poste Italiane, in effetti, anche se in modo sibillino, sotto la foto dell’immagine a sinistra e con caratteri molto più piccoli del resto dell’immagine, lo precisa riportando: “Rendimento annuo lordo a scadenza”. La pagina web consente anche di scaricare il piano finanziario dove il meccanismo di crescita negli anni del tasso è ancora più chiaro.
Una persona normale che non ha conoscenza dei meccanismi finanziari, magari, anziana, non può vincolare un risparmio per 20 anni, se non comprende e non gli viene spiegato, in modo chiaro, il meccanismo che lo penalizza se preleva i suoi risparmi prima del termine.
È pubblicità ingannevole? Lasciamolo valutare all’Antitrust che, sempre più, appare schierato con i cittadini consumatori.
Non è una favola è una tragicommedia che continua e sempre a danno degli inconsapevoli cittadini.